Giorgina Levi in Bolivia (1939-1946). Mediazioni, interazioni ed emozioni di un esilio
Parole chiave:
Giorgina Levi, Bolivia, testimonianza, esilio ebraico, identità relazionaleAbstract
Il contributo si propone di affrontare l’esperienza e le pratiche “esiliari” sviluppate da Giorgina Levi durante i sette anni (1939 - 1946) della sua permanenza in Bolivia. La sua esperienza è stata raccontata nell’accurato volume curato da Marcella Filippa (Avrei capovolto le montagne, Giunti, Firenze 1990), in cui un organico palinsesto di lettere e interviste a Giorgina permette di ascoltare la voce in prima persona della protagonista e osservare le sue strategie di autorappresentazione. Poco studiato, il testo delinea i tratti specifici della topografia “transexílica” tracciata da Georgina Levi: una topografia le cui linee si articolano sia nell’orizzonte interamericano (Bolivia e Argentina) sia in quello transamericano (Bolivia e Italia). Si intende percorrere lo stratificato mondo di interazioni, mediazioni ed emozioni costruito dall’esiliata a partire dall’apparente solitudine delle alte vette boliviane. «Se non fossi stata in Bolivia, non sarei la stessa», afferma più volte Giorgina: dall’esilio prolifera una nuova identità relazionale, che rimarrà un carattere distintivo della personalità e dell’azione politica di Levi dopo il suo ritorno in Italia. Un’identità trasformata o arricchita dalla varietà dei contatti intrecciati con molteplici attori sociali: dai minatori boliviani a personalità di spicco della sinistra latino-americana o agli esuli ebrei incontrati lungo il cammino, con i quali costruisce reti di amicizia e collaborazione sociale e politica. L’esilio, da esperienza della perdita, si trasformerà in «carta vincente» (Filippa 246), ovvero in vissuto produttivo e trasformativo
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