https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/issue/feedOltreoceano - Rivista sulle migrazioni2024-12-31T15:04:32+00:00Prof. ssa Alessandra Ferraroalessandra.ferraro@uniud.itOpen Journal Systems<p><img style="margin: 5px 20px 10px 0px;" src="https://riviste.lineaedizioni.it/public/site/images/lineaadmin/copertina-n17.png" alt="Copertina rivista Oltreocenao numero 17 anno 2021" width="190" height="285" align="left" /></p> <p>La rivista, organo di diffusione di Oltreoceano - CILM ( Centro di ricerca Internazionale Letterature Migranti) dell'Università di Udine, raccoglie studi di carattere letterario, linguistico e culturale sulle comunità migranti d’oltreoceano, approfondendo i legami simbolici, linguistici e storici che uniscono realtà diverse e analizzando connessioni con altre lingue minoritarie e le loro poetiche migranti.</p> <p><strong><br />Fondatrice e membro onorario</strong><br />Silvana Serafin (Università di Udine)<br /><br /><strong>Direttore responsabile</strong><br /><span style="vertical-align: inherit;">Alessandra Ferraro (Università di Udine)</span><br /><br /><strong>Vicedirettore responsabile</strong><br /><span style="vertical-align: inherit;">Rocío Luque (Università di Trieste)</span><br /><br /><strong>Condirettori</strong><br /><span style="vertical-align: inherit;">Daniela Ciani Forza (Università Ca' Foscari Venezia), Simone Francescato (Università Ca' Foscari, Venezia),Rocío Luque (Università di Trieste), Emilia Perassi (Università di Torino), Antonella Riem (Università di Udine), Valeria Sperti (Università "Federico II", Napoli).</span></p> <p><strong>Comitato di redazione<br /></strong>Andrea D’Urso (Università di Sassari), María del Carmen Domínguez Guitérrez (Università di Padova), Federica Fragapane (Università di Trieste), Fabio Libasci (Università dell'Insubria), Enrico Mariani (Università Ca’ Foscari, Venezia), Nicola Paladin (Università "Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara), Chiara Patrizi (Università di Bologna), <span style="vertical-align: inherit;">Elena Ravera (Università di Udine), </span>Giada Silenzi (Università di Udine), Alessia Vignoli (<span style="vertical-align: inherit;">Uniwersytet Warszawski</span>).</p> <p><strong>Comitato scientifico internazionale</strong><br />Trinidad Barrera (Universidad de Sevilla, España), † Giuseppe Bellini (Università di Milano), Michele Bottalico (Università di Salerno), Francesca Cadel (Calgary University, Canada), Antonella Cancellier (Università di Padova), Adriana Crolla (Universidad del Litoral, Argentina), Domenico Antonio Cusato (Università di Catania), Águeda Chávez García (Universidad Nacional Autónoma de Honduras, Honduras), Biagio D’Angelo (Universidade de Brasília, Brasil), Gilles Dupuis (Université de Montréal, Canada), Simone Francescato (Università Ca’ Foscari Venezia), Cristina Giorcelli (Università di Roma Tre), Rosa Maria Grillo (Università di Salerno), Rainier Grutman (Université d’Ottawa, Canada), Dante Liano (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano), Renata Londero (Università di Udine), Roberta Maierhofer (Karl-Franzens-Universität Graz, Österreich), Adriana Mancini (Universidad de Buenos Aires, Argentina), Andrea Mariani (Università "Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara), José Francisco Medina Montero (Università di Trieste), Elisabeth Nardout-Lafarge (Université de Montréal, Canada), Rocío Oviedo (Universidad Complutense de Madrid, España), Joseph Pivato (Athabasca University, Canada), Eduardo Ramos-Izquierdo (Sorbonne Université, France), Susanna Regazzoni (Università Ca’ Foscari Venezia), Carmen M. Rivera Villegas (Universidad de Puerto Rico, Puerto Rico), Biancamaria Rizzardi (Università di Pisa), Patricia Rosas Lopátegui (University of New Mexico, USA), † Filippo Salvatore (Université Concordia, Canada), Manuel Simões (Portugal), Sherry Simon (Université Concordia, Canada), Monica Stellin (Sir Wilfrid Laurier University, Canada), Edwige Tamalet Talbayev (Tulane University, New Orleans, USA).</p> <p><strong>Web Managers<br /></strong>OJS: Rocío Luque (Università di Trieste)<br />OpenEdition: Giada Silenzi (Università di Udine)<br />Scopus: Nicola Paladin (Università "Gabriele d'Annunzio" di Chiesti-Pescara)</p> <p><strong>Scambi internazionali</strong><br />Rocío Luque (Università di Trieste).</p> <p><strong>Comitato esecutivo ed editoriale</strong><br />CILM-Centro di ricerca Internazionale Letterature Migranti Università degli Studi di Udine <br />Via Palladio 8, 33100 UDINE-ITALIA http://www.uniud.it/it/ricerca/progetti/cilm<br /><span style="vertical-align: inherit;">info: oltreoceano.digr@uniud.it, </span><span style="vertical-align: inherit;">alessandra.ferraro@uniud.it, rluque@units.it</span></p> <p>-------------------</p> <p>Rivista classificata <strong>ANVUR classe A - <span style="vertical-align: inherit;">10/ANGL-01 (ex 10/I1); 10/FRAN-01 (ex <span data-olk-copy-source="MessageBody">10/H1); </span>10/SPAN-01 (ex 10/L1)</span></strong></p> <p>-------------------<br /><strong><br />«Oltreoceano» è presente nei seguenti indici e data base: AACNP, BASE, Biblioteca virtual Miguel de Cervantes, CIRC, CROSSREF,DIALNET, ERIH PLUS, EZB/ZDB, FATCAT, GOOGLE SCHOLAR, MIRABEL,MLA, OPEN ALEX, Open Edition, Portal del Hispanismo, PLEIADI, REBIUN, ROAD, SCOPUS, SUDOC, SWISSCOVERY, THE KEEPERS, TITLE DOI, Torrossa Editoria Italiana Online, WORLDCAT, ZDB.<br /><br /></strong>-------------------<strong><br /></strong><br />«Oltreoceano» ha ricevuto il premio <a href="https://www.ansa.it/canale_viaggiart/it/notizie/in_poltrona/2023/06/08/i-vincitori-del-premio-per-la-letteratura-delle-radici_eecd86d2-4324-4278-bc38-62321143ad01.html">La Letteratura delle Radici</a> dall'associazione "Italian in Italy ETS".<br /><br />-------------------</p> <p><span style="vertical-align: inherit;">La rivista adotta una dichiarazione </span><a href="https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/publication-ethics"><span style="vertical-align: inherit;">sull'etica della pubblicazione</span></a><span style="vertical-align: inherit;"> e sulla negligenza nella pubblicazione (basata sulle raccomandazioni di Elsevier e sulle linee guida di buona pratica COPE per gli editori della rivista).</span></p> <p>------------------------------------------------------------------------------</p>https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/479Louis Bromfield, Age Anxiety, and the End of the American Expatriate2024-12-29T19:04:21+00:00Simone Francescatosimone.francescato@unive.it<p>Il saggio esamina due opere giovanili di Louis Bromfield, uno degli scrittori più celebri della comunità letteraria statunitense a Parigi nella prima metà del Novecento. Nel saggio “Expatriate—Vintage 1927”, l’autore sostiene che espressioni come “American expatriate” e “young American girl abroad” sono diventate ormai desuete, poiché riflettono un modello superato di internazionalismo. La stessa tesi viene ripresa nel racconto “The Apothecary”, dove Bromfield rimaneggia personaggi e trame appartenenti alla tradizione realista transatlantica per rappresentare come questo internazionalismo oramai superato si intersechi con la paura dell’invecchiamento (al femminile) e l’esaurimento creativo.</p>2024-12-29T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/480“La beffa della cittadinanza”. Grande Guerra e involuzione autoritaria degli stati negli scritti e nei discorsi pubblici di Emma Goldman2024-12-29T19:12:34+00:00Bruna Bianchibbianchi@unive.it<p style="font-weight: 400;">Scopo del saggio è quello di mettere in luce la riflessione di Emma Goldman sui mutamenti portati dalla Grande guerra nell’idea stessa di nazione e di cittadinanza. Da allora, infatti, la cittadinanza non fu più definita dall’appartenenza a una organizzazione sociale e politica, bensì a una comunità di sangue, e comunque sottoposta all’arbitrio dei governi. Come scrisse nel 1933 Emma Goldman, la cittadinanza era diventata una beffa. La prima parte illustra brevemente la visione anarchica di Emma Goldman e mette in discussione il giudizio che fino a tempi recenti ha prevalso negli studi a lei dedicati e che l’hanno descritta come un’attivista, una sintetizzatrice, non già come una pensatrice originale. Si sofferma poi sul suo contributo alla teoria femminista e sull’influenza che ebbero gli autori della tradizione radicale di resistenza all’autorità americani sul suo pensiero. La parte è centrale è dedicata alla riflessione dell’anarchica lituana sulla cittadinanza a partire dal 1909, quando le fu revocata la naturalizzazione, al 1919 quando, dopo due anni di carcere, fu deportata in Russia ai primi anni dell’esilio. Investita dolorosamente dai processi di denaturalizzazione ed espulsione, Emma Goldman comprese non solo che la sua vita sarebbe cambiata per sempre, ma lo sarebbero state anche la convivenza sociale, il modo di pensare e le strutture politiche. L’analisi degli scritti e discorsi pubblici sulla legislazione eccezionale e la mobilitazione ideologica contro il nemico interno si intreccia con la ricostruzione del contesto di intolleranza e psicosi creato dal conflitto. Emma Goldman fu tra le prime a cogliere la gravità della persecuzione dei cittadini di nazionalità nemica, della condizione anomala delle donne rispetto alla cittadinanza e degli afroamericani e a denunciare soprusi e violenze. Il processo di ridefinizione della nazione messo in atto negli anni di guerra, infatti, condusse alla marginalizzazione o all’esclusione violenta di ampi strati della società secondo linee di classe, di genere e di razza.</p>2024-12-29T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/481“Every time he comes in he robs me”: The Parasitic Chains of Israel Potter’s Exile2024-12-30T17:04:46+00:00Nicola Paladinnicola.paladin@unich.it<p>In linea con i recenti studi melvilliani (Irigoyen 2018, Lazo 2022), il presente saggio analizza la rappresentazione dell’esilio in Israel Potter: or, His Fifty Years of Exile (1855) di Herman Melville, concentrandosi sulle modalità in cui la dislocazione geografica dei cittadini americani all’estero trasforma la loro posizione all’interno del corpo politico e del contratto sociale stabilito dopo la Rivoluzione americana. In particolare, la presente analisi ipotizza che l’esperienza dell’esilio sia cruciale nel generare uno squilibrio tra Stato e popolo, trasformando il rapporto di reciproco beneficio che lega le due entità in una forma di sfruttamento della prima sulla seconda. In altre parole, mentre il patto sociale (rappresentato nel corpo politico) si configura teoricamente come una relazione di simbiosi tra stato e popolo, l’esperienza dell’esilio trasforma tale reciprocità in un legame parassitario. <br>La funzione narrativa del parassita teorizzata da studiosi come Michel Serres (1980) e Cynthia Damon (1997) è stata applicata all’opera di Melville da Anders M. Gullestad (2022), il quale esamina le “catene parassitarie” che si sviluppano in seno all’amministrazione del cibo. Il saggio applica la nozione alle dinamiche del potere e la utilizza per descrivere la relazione tra lo Stato e le persone in esilio, configurando le istituzioni politiche come parassita e il popolo come ospite. Il saggio sovverte la relazione tra parassita e ospite, identificando Israel Potter come l’ospite da sfruttare durante la sua vita in esilio, e i governi statunitense e britannico come i parassiti, tratteggiando la sfiducia di Melville verso le strutture di potere della sua epoca. In altri termini, l’analisi esplora la disillusione rivolta da Melville verso lo scenario politico della sua epoca e identifica in Israel il simbolo dello sfruttamento operato dalle istituzioni politiche dell’epoca nei confronti del corpo politico. Verranno esaminati due episodi: il soggiorno di Israel a Parigi e la sua relazione con Benjamin Franklin e la permanenza del protagonista in Inghilterra.</p>2024-12-30T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/482La crociata dei folli. Esilio e memoria in “War Years” di Viet Thanh Nguyen2024-12-30T17:29:07+00:00Giacomo Trainagiacomo.traina88@gmail.com<p>Questo articolo si propone di ricostruire le circostanze reali su cui è fondata la trama del racconto “War Years” tratto dalla raccolta <em>The Refugees </em>(2017) e parte del romanzo <em>The Sympathizer</em> (2015) di Viet Thanh Nguyen, ponendo l’enfasi sulla duplice strategia narrativa (realismo <em>vs. </em>satira) tramite la quale lo scrittore californiano trasforma in grande letteratura una piccola storia sommersa sconosciuta ai più. In “War Years” Nguyen dà infatti vita a una versione romanzata del cosiddetto “Movimento per la Restaurazione della Patria” (Y.T Nguyen 2018), una serie di fronti anticomunisti nati in seno alla diaspora vietnamita a cavallo degli anni Ottanta, responsabili di vari e infruttuosi tentativi di infiltrare la madrepatria allo scopo di rovesciare il governo di Hanoi. Se nel romanzo la storia del “Fronte” viene raccontata ponendo l’enfasi sugli aspetti più surreali della vicenda, il racconto indaga l’impatto del Movimento di Restaurazione sulla vita quotidiana dei rifugiati nella degradata <em>downtown </em>di San José nel cuore dell’era reaganiana, restituendo al tempo stesso umanità a figure tradizionalmente escluse dalle narrazioni canoniche sulla Guerra del Vietnam.</p>2024-12-30T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/483An Interview with the Poet V. Penelope Pelizzon about Her Recent Book A Gaze Hound that Hunteth by the Eye2024-12-30T17:37:56+00:00Gregory Dowlingdowling@unive.it<p>Un’intervista a Penelope Pelizzon sulla sua ultima raccolta di poesie, A Gaze Hound That Hunteth by the Eye, con un focus specifico sul tema dell'esilio, in tutti i sensi della parola. <br>La conversazione ha spaziato su vari argomenti. La poetessa ha riflettuto sulla questione dell'eredità culturale e sui problemi che può incontrare una scrittrice che si sente profondamente legata a certe tradizioni letterarie, in fondo profondamente misogine. <br>Ha sottolineato la necessità di mantenere una certa estraneità quando si è ospiti di un’altra cultura, e come tale senso di distanza possa diventare uno spazio per la riflessione e la scrittura; questa costante estraneità può essere definito “the barbarian’s luxury”. <br>Parlando delle poesie del libro che affrontano gli effetti del cambiamento climatico, Pelizzon ha parlato del senso di esilio che deriva dal fatto che siamo la prima generazione a non poter più trarre conforto dall'idea che la natura ci sopravviverà. <br>Facendo riferimento alle poesie sugli animali, in particolare sui cani, Pelizzon ha ipotizzato che forse gli animali non si sentono esiliati dalle emozioni come gli esseri umani e ha suggerito che osservarli può permetterci di accedere alle nostre emozioni. <br>La conversazione si conclude con alcune riflessioni sulle connessioni tra la musica e la poesia; se la musica è il modo più veloce per sollevarci dalle nostre emozioni, la poesia è forse l’esperienza che più le si avvicina, offrendo la consapevolezza che non si è sempre esiliati da ciò che si è e da ciò che si sente. </p>2024-12-30T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/496Giorgina Levi in Bolivia (1939-1946). Mediazioni, interazioni ed emozioni di un esilio2024-12-30T20:05:16+00:00Emilia Perassiemilia.perassi@unito.it<p>Il contributo si propone di affrontare l’esperienza e le pratiche “esiliari” sviluppate da Giorgina Levi durante i sette anni (1939 - 1946) della sua permanenza in Bolivia. La sua esperienza è stata raccontata nell’accurato volume curato da Marcella Filippa (<em>Avrei capovolto le montagne</em>, Giunti, Firenze 1990), in cui un organico palinsesto di lettere e interviste a Giorgina permette di ascoltare la voce in prima persona della protagonista e osservare le sue strategie di autorappresentazione. Poco studiato, il testo delinea i tratti specifici della topografia “transexílica” tracciata da Georgina Levi: una topografia le cui linee si articolano sia nell’orizzonte interamericano (Bolivia e Argentina) sia in quello transamericano (Bolivia e Italia). Si intende percorrere lo stratificato mondo di interazioni, mediazioni ed emozioni costruito dall’esiliata a partire dall’apparente solitudine delle alte vette boliviane. «Se non fossi stata in Bolivia, non sarei la stessa», afferma più volte Giorgina: dall’esilio prolifera una nuova identità relazionale, che rimarrà un carattere distintivo della personalità e dell’azione politica di Levi dopo il suo ritorno in Italia. Un’identità trasformata o arricchita dalla varietà dei contatti intrecciati con molteplici attori sociali: dai minatori boliviani a personalità di spicco della sinistra latino-americana o agli esuli ebrei incontrati lungo il cammino, con i quali costruisce reti di amicizia e collaborazione sociale e politica. L’esilio, da esperienza della perdita, si trasformerà in «carta vincente» (Filippa 246), ovvero in vissuto produttivo e trasformativo</p>2024-12-30T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/497Juan Rodolfo Wilcock, un caso de autoexilio lingüístico en dos tiempos2024-12-31T14:31:57+00:00Marisa Martínez Pérsicomarisa.martinezpersico@uniud.it<p>Este artículo se concentra en el estudio de caso de J.R. Wilcock, escritor plurilingüe italoargentino que cambió lengua de expresión literaria, pasando de la materna ambiental (el castellano rioplatense) a la adquirida (el italiano). El de Wilcock es un ejemplo de exilio territorial y lingüístico voluntario, propiciado por sus diferencias con el peronismo y por el deseo de reivindicar sus raíces italianas (familia biológica) y latinas (familia lingüística). Este tránsito de una lengua a la otra, forma de desarraigo territorial y simbólico a la vez, fue progresivo. Identificamos dos fases: la autotraducción consecutiva del castellano al italiano practicada en Poesie spagnole, libro publicado en 1963 con una selección poética de los años ’40 y ’50, y la adopción de la segunda lengua a partir de Luoghi comuni (1961). Superada esta ventana temporal, no escribirá más en castellano ni se autotraducirá de la L2 a la L1. Se presentan hipótesis acerca de los motivos del cambio de código ligados al principio de complementariedad lingüística, al rechazo de la transcreación y la desconfianza en la adherencia funcional de toda traducción. La decisión de Wilcock de autotraducirse fue una forma de ejercer un control sobre la fidelidad de los originales en lengua castellana que quería presentar al público italiano sin perder la ocasión de difundir un muestrario representativo de su prehistoria poética argentina y de rendirle tributo, todavía con nostalgia. Más adelante, su exilio voluntario terminará de cumplirse en el idioma, con la mudanza definitiva al italiano de sus antepasados por rama materna. En estas composiciones renunciará a las marcas vernáculas, populares y regionales (tanto italianas como españolas) en un viaje diacrónico de regreso al ideal común de una latinidad perdida. El exilio lingüístico de Wilcock cuestiona la idea de “frontera” entendida como espacio definitorio de la identidad de un sujeto, revelando la capacidad del idioma de construir nuevas identidades personales y literarias a lo largo de la vida.</p>2024-12-31T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/498Análisis pragmático de Invisibles. Voces de un trozo invisible de este mundo de Juan Diego Botto2024-12-31T14:42:38+00:00Sagrario del Río Zamudiomaria.zamudio@uniud.it<p>El objetivo de este artículo es realizar un análisis pragmático de la obra de Juan Diego Botto, <em>Invisibles. Voces de un trozo invisible de este mundo</em>, donde el autor se enfrenta a dos temas que muchas personas deben encarar por motivos diferentes: exilio (que él mismo sufrió) y emigración. En nuestro caso, nos detendremos más en el primero y comentaremos los tipos de este que existen, así como algunos vocablos relacionados como destierro, deportación, expatriación, expulsión o extrañamiento, etc. De hecho, aunque en los diccionarios aparecen como sinónimos, no son exactamente lo mismo porque exilio, sería la separación de la tierra en que uno vive, mientras que destierro, es el resultado de una pena que impone, por lo general el Estado, y cuyo fin es la expulsión de una persona de un lugar o territorio por haber cometido un delito, puede ser temporal o sine die (se habla igualmente de extrañamiento y casos conocidos tenemos en Chile –elegían el sitio al que ir– y Argentina –expulsión de los extranjeros condenados por un delito en dicho país, siempre que hubieran cumplido mitad de la condena y sin procesos judiciales abiertos–). Otro tipo de separación la ocasionó el fascismo italiano mediante el cual muchos intelectuales fueron confinados u obligados a vivir en otras zonas del sur o en islas del Mediterráneo. Hoy día, dos escritores viven bajo escolta fuera de sus respectivos países: Salman Rusdhie y Roberto Saviano. Por otro lado, un pueblo que ha vivido la expulsión, el éxodo y la diáspora es el judío. La expulsión, durante el reinado de los Reyes Católicos (con Felipe III se produce la de los moriscos o descendientes de los musulmanes), el éxodo, tras la Segunda guerra mundial y la diáspora cuando este pueblo se disgregó voluntariamente fuera de las fronteras de Palestina. En cuanto a la Pragmática, examinaremos la fuerza ilocutiva de algunos fragmentos, si se respetan las máximas de Grice u otras de sus líneas de investigación como los actos de habla de Austin, entre otros.</p>2024-12-31T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/499El viejo soldado de Héctor Tizón. La otredad como forma de encontrar la identidad2024-12-31T14:50:40+00:00M. Carmen Domínguez Gutiérrezcarmen.dominguez@unipd.it<p>El escritor argentino Héctor Tizón (1929-2012) escribió en 1981, durante su exilio madrileño, la novela <em>El viejo soldado</em>. Es un texto de fuertes tintes autobiográficos, que permaneció inédito hasta 2002 por propio deseo del autor. La novela, como sostiene, Ana Príncipi (2002-2003), plantea el problema de la preservación de una subjetividad en una situación de exilio. Raúl es un joven argentino que, tras el golpe militar en su país, se exilia en España. Para sobrevivir y mantener a su familia, se emplea como escritor a sueldo de un viejo franquista decidido a publicar sus memorias. A la experiencia del exilio, ya de por sí traumática, Raúl habrá de sumar la humillación de prestar su pluma a quien representa los mismos valores que le han llevado a esa situación. Pero es, sobre todo, la convivencia con su antagonista lo que provoca hondas fisuras en el relato que ha construido de su propia vida. Según Paul Ricoeur (2006), el hombre, para comprenderse, debe narrar su propia historia. Solo este relato de sí mismo otorga identidad al sujeto. Ahora bien, esta «identidad narrativa» (Ricoeur 997) es un proceso dinámico en el que, desde el presente, el sujeto elije los acontecimientos, las experiencias y las interacciones con los demás que nutren y dan sentido a la trama de su relato y que lo ayudan a comprenderse y ser comprendido. Es un eterno proceso de resignificación del propio yo a través del tiempo.<br>Desde su presente en el exilio y de la confrontación con el viejo soldado, para Raúl su vida presente y pasada adquiere otra lectura. Esa resignificación de su propia identidad lo conducirá a una decisión extrema: la de asesinar al anciano porque su existencia le recuerda su fracaso, pero, sobre todo, para acabar con aquello de “el otro” que descubrió en él mismo.</p>2024-12-31T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/500Pérdidas y abandonos en Una casa lejos de casa. La escritura extranjera de Clara Obligado2024-12-31T14:58:12+00:00Susanna Regazzoniregazzon@unive.it<p>El presente artículo aborda el motivo del exilio en el texto de Clara Obligado, <em>Una casa lejos de casa. La escritura extranjera</em> (2020). Escritora argentina radicada en España, en esta obra la autora reflexiona sobre una existencia en tránsito, sin ubicación precisa. Argentina y España son dos países que comparten un mismo idioma pero que, a su vez, manifiestan registros y expresiones diferentes. El aprendizaje del uso de una lengua cuya raíz es común a la lengua materna, pero se torna extraña en giros, locuciones o en la dicción y modalidad de uso, es el desafío que enfrenta Obligado en este ensayo en el que configura un espacio incierto, ambiguo pero que no desestima posturas políticas sustentadas en la discriminación. España fue el país elegido por muchos argentinos y argentinas que dejaron su tierra durante estos últimos 45 años. Varias fueron las razones; la lengua en común, las facilidades de acceso, los antepasados españoles de los jóvenes acechados por sus ideas políticas. Entre las muchas dificultades que implica radicarse en otra tierra, hay que destacar el trabajo que conlleva el deseo de evitar la contaminación de la lengua o, como suele suceder, aceptar un resultado mixto que termina por no ser ni español ni argentino o por ser los dos a la vez. Esta nueva literatura surgida en España desde décadas, fruto del exilio y de la diáspora de muchos artistas no españoles de nacimiento, se la define de distintas formas; para unos críticos presenta características híbridas (Canclini 1990), transculturales (González Dopazo 2009), extraterritoriales (Noguerol 2008), o se trata de una literatura desterritorializada (Guerrero 2012), o de la frontera (Noguerol 2019). Varas etiquetas que indican características diversas que señalan un panorama literario en movimiento que desestabiliza las categorías clásicas.</p>2024-12-31T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/501Esilio e migrazioni nell’archivio dell’APCLAI2024-12-31T15:04:32+00:00Rocío Luquerluque@units.it<p>Questo lavoro presenta il materiale cinematografico che, all’interno dell’Archivio “Centro Audiovisivo Latino Americano” (CALA) dell’Associazione per la Promozione della Cultura Latino Americana in Italia (APCLAI), è incentrato sull’esilio e sulle altre forme di migrazione, con l’obiettivo di offrire una visione d’insieme sull’ampia varietà di rotte migratorie che interessano la Regione Latinoamericana: la Grande migrazione italiana verso le Americhe iniziata negli ultimi decenni del XIX secolo e proseguita fino alla Prima Guerra mondiale; la fuga degli ebrei dai pogrom durante il quarantennio compreso tra il 1881 e il 1921; gli spostamenti in seguito alle persecuzioni politiche da parte dei regimi autoritari che si diffusero in Europa dopo la Prima Guerra mondiale; il <em>destierro</em> di migliaia di spagnoli durante la guerra civile e dopo l’instaurazione del regime franchista; la fuga degli ebrei vittime del nazismo; la Migrazione Europea tra la fine della Seconda guerra mondiale e gli anni Settanta del XX secolo; l’esilio dei latinoamericani verso gli Stati Uniti o l’Europa, spinti dai diversi regimi che si sono susseguiti nella seconda metà del XX secolo; e l’attraversamento della “Grande Frontera Norte” tra il Messico e gli Stati Uniti e, per chi proviene dal Centroamerica, anche della frontiera meridionale, altrettanto crudele, dello Stato messicano. L’obiettivo, partendo da questo quadro generale, è quello di capire quale sia lo sguardo che ci restituisce la cinematografia latinoamericana sul tema della migrazione e, nello specifico, su quella forma di migrazione obbligata che costituisce l’esilio, dando al contempo visibilità a questo mezzo artistico di estremo valore che deve ancora avere il giusto riconoscimento, al pari della letteratura dell’America Latina.</p>2024-12-31T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/488Dépaysé: l’exil linguistique des écrivains “italiques” Antonio d’Alfonso en conversation avec Alessandra Ferraro2024-12-30T18:18:08+00:00Alessandra Ferraroalessandra.ferraro@uniud.itAntonio D'Alfonsoantoniodalfonso@sympatico.ca<p>En 1978, Antonio D’Alfonso a fondé à Montréal la maison d’édition Guernica qui publiait en trois langues; avec Filippo Salvatore et Fulvio Caccia, il a ensuite participé à la naissance de la littérature italo-canadienne et, avec des œuvres en anglais et en français, il est devenu une figure majeure de ce courant artistique. En 2021, il a inauguré un filon plus intime qui comprend des ouvrages autobiographiques (Outside Looking In, Dépaysé) et un essai, “Federazione per il futuro”, où il explore l’évolution de la culture “italique” produite dans le contexte de l’émigration italienne. La conversation porte sur cette culture dont l’intellectuel italo-canadien est le porte-parole. Les échanges de Ferraro avec D’Alfonso, nés au sein des activités organisés par le Centro di Cultura Canadese de Udine, enrichis au fil des années à travers une correspondance régulière et des rencontres à Montréal, ont permis d’approfondir et de définir les aspects-clé de sa pensée et de son œuvre. Sa condition d’exilé, au point de vue géographique, culturel et linguistique, a poussé Antonio D’Alfonso à réfléchir sur son identité composite, à créer des œuvres multilingues et transmédiales et à forger la notion d’“italique” pour faire ressortir, en essayant de la définir, la production invisible d’écrivains italiens à l’étranger, enfants de cette émigration qui a vidé l’Italie pendant des décennies. La perte de leur pays et de leur culture d’origine marque intimement les émigrés et leurs enfants, donnant aux œuvres nées dans ce contexte des caractéristiques qui découlent de cette déterritorialisation.</p>2024-12-30T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/490Aller d’exil en exil. La “grande errance” dans La plus secrète mémoire des hommes de Mohamed Mbougar Sarr2024-12-30T18:50:53+00:00Liana Nissimliana.nissim@unimi.it<p>Cette étude analyse le thème de l’exil dans le roman <em>La plus secrète mémoire des hommes</em> que l’écrivain sénégalais Mohamed Mbougar Sarr dédie à Yambo Ouologuem, grand auteur malien, prix Renaudot en 1968 pour <em>Le devoir de violence</em>. Cet ouvrage, reconnu aujourd’hui comme un chef-d’œuvre, lors de sa publication, fut retiré du marché et supprimé du catalogue de la maison d’édition Seuil. L’écrivain, en effet, après avoir connu le succès, fut accusé de plagiat, attaqué et injurié par la presse. Profondément bouleversé, il se retira dans son village natal où il vécut dans un isolement total jusqu’à sa mort en 2017. Yambo Ouologuem est sans aucun doute le modèle de l’écrivain sénégalais T. C. Elimane, (également accusé de plagiat), qui hante le narrateur principal, le jeune écrivain Diégane Latyr Faye décidé à tout prix à découvrir son histoire et son sort. Plusieurs narrateurs, des écrivains réels tel Gombrowicz et d’autres fictifs, dans un emboîtement extraordinaire s’évertuent à reconstruire la vie et le destin d’Elimane, vrai protagoniste du roman, même s’il est absent puisqu’il a mystérieusement disparu depuis longtemps. L’écrivain s’avère ainsi être l’archétype total (départ, errance, retour) auquel se réfèrent, chacun à sa manière, les exilés du roman. Plusieurs personnages ont vécu ou vivent encore dans cet l’état d’exilés et chacun médite sur sa propre expérience. Au fur et à mesure qu’on découvre leurs témoignages, on se rend compte que l’exil n’est au fond qu’une épreuve particulièrement intense, extrême, de ce qui compose en réalité l’état de malaise et de solitude de tout homme dans le monde, jusqu’à l’issue fatale de la mort. Toutefois cette âpre initiation peut parvenir à un accomplissement harmonieux, si on comprend et on accepte une vie éclairée par le lien indissoluble entre le passé et le futur.</p>2024-12-30T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/491Les exils d’Émile Ollivier2024-12-30T19:00:23+00:00Petr Kyloušekkylousek@phil.muni.cz<p>La littérature migrante représente une étape importante dans la dynamique de la littérature québécoise tant sur le plan scriptural que théorique. L’article résume, dans un premier temps, les éléments axiologiques structurants du champ littéraire québécois qui, dès les années 1960, préparent le terrain à l’entrée et à l’intégration des auteurs migrants dans le canon québécois. Il s’agit notamment de la territorialisation identitaire et culturelle, ressentie comme inachevée aussi bien par les auteurs québécois (Jacques Ferron) que par la critique (Laurent Mailhot), et que Pierre Nepveu rapproche des auteurs migrants en soulignant les similitudes. La composante complémentaire du processus revient aux Italo-Québécois et aux Haïtiens qui thématisent et théorisent, au cours des années 1990, la situation exilique en transformant la perception de l’altérité culturelle et ethnique en problématique existentielle, éthique et scripturale traduite par les concepts de nomadisme et enracinerrance. À la différence de ses compagnons d’exil – Robert Berrouët-Oriol, Jean Claude Charles, Joël Des Rosiers - Émile Ollivier traite la condition exilique sur deux plans complémentaires. Le premier envisage la relation nomade-sédentaire sous l’aspect historique en constatant le renversement axiologique au profit du nomadisme comme condition humaine dominante du monde postmoderne. Le second en déduit des conséquences philosophiques associées à l’écriture. Le propos est illustré par trois ouvrages - la réflexion théorique <em>Repérages</em> (2001) et les deux romans de la dernière période <em>Passages</em> (1994) et <em>La Brûlerie</em> (2004). L’analyse permet de dégager le lien entre la thématique exilique et les conséquences qu’Émile Ollivier en tire à la fois pour la structuration de la spatialité, la narration et le statut de l’écriture comme manifestation de la dynamique du vide. Exemple du processus intégrateur, la poétique d’Émile Ollivier anticipe certaines tendances de la littérature québécoise après 2000.</p>2024-12-30T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/492Ryoko Sekiguchi: l’exil entre simultanéité et surimpression2024-12-30T19:13:07+00:00Valeria Marinovaleria.marino@unito.it<p>Lors d’un entretien, Ryoko Sekiguchi a remarqué à propos de son expérience de l’exil: «les personnes exilées vivent toujours deux saisons simultanément» (2021). Ce qui fait, par exemple qu’en hiver elle puisse vivre avec le ciel de Tokyo, de Beyrouth ou de Grenade, tout en étant à Paris. Cette ubiquité imaginative de la présence se pose non seulement au centre de sa condition d’étrangère en France, mais aussi au cœur de son œuvre poétique, impliquant des espace-temps caractérisés par un principe de simultanéité et par la tentative constante de superposer plusieurs textes ou plusieurs voix sur une même surface sensible. Dans le cadre de cette étude, nous analysons le rôle joué par la simultanéité et la surimpression en tant qu’outils poétiques et heuristiques dans l’œuvre de la poétesse. Parmi les ouvrages composant son vaste <em>corpus,</em> nous avons choisi de nous concentrer notamment sur <em>Héliotropes</em>. Ce livre nous semble particulièrement significatif, puisqu’il fonde la simultanéité de tous ses éléments constitutifs sur la superposition entre monde poétique et monde des plantes. Après avoir brièvement présenté le texte, nous explorons la superposition entre formes textuelles et formes végétales afin de dégager les principes de spatialisation qui permettent à Sekiguchi de neutraliser le temps : nous nous penchons d’abord sur l’isomorphie entre bloc métrique et bloc botanique, car la mesure choisi par l’auteure repose sur un principe de cristallisation qui ne laisse aucune place à la prolifération aléatoire et rappelle, d’un côté, les principes géométriques gouvernant la formation des structures régulières et symétriques des plantes, de l’autre, la volonté d’ordre qui permet d’aménager la nature en jardin. Ensuite, nous examinons l’analogie entre les formes de greffe textuelle et les greffes dites végétales Nous souhaitons ainsi reconstruire les mouvements et les espace-temps de cette écriture de l’exil qui se configure comme l’écoute simultanée des sonorités multiples.</p>2024-12-30T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/493Gabriel Mwènè Okoundji et la Mémoire tégué (Okondo-Ewo): la parole poétique face aux “vents de l’exil”2024-12-30T19:22:12+00:00Cettina Rizzocrizzo@unict.it<p>Gabriel Okoundji est un poète natif du Congo-Brazaville qui a choisi d’habiter dans le sud-ouest de la France. Son statut de <em>Mwènè</em>, de guide spirituel, l’enracine dans sa culture d’origine mais son écriture est sans frontières et puise à sa source première, l’Héritage culturel de sa terre d’Afrique : les symboles, les proverbes, les métaphorisations, l’animisme, le dialogue avec les ancêtres, l’oralité des conteurs et des conteuses.<br>Sa collaboration avec Philippe Bono et sa personnelle réinvention de l’<em>Arte povera</em>, et avec Sylvie Basteau en ce qui concerne la réélaboration abstraite de ses voyages, sont des témoignages exemplaires du dialogue avec l’art contemporain. <br>Cette contribution s’interroge sur les possibilités de garder la Mémoire des traditions dans un contexte de migration et de la transmettre comme message actuel et incontournable.</p>2024-12-30T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/494L’exil, une “deuxième chance” pour Felicia Mihali?2024-12-30T19:34:46+00:00Neli Eibenileana.eiben@e-uvt.ro<p>En 2000, déçue par la situation économique de la Roumanie, Felicia Mihali s’établit à Montréal, au Québec. Dans la “belle province”, en traduisant en français des livres qu’elle avait publiés en Roumanie avant son départ, elle rejoint le groupe des écrivains migrants dont font partie entre autres Émile Ollivier, Dany Laferrière, Naïm Kattan, Ying Chen, Abla Farhoud, Marco Micone, Sergio Kokis, etc. Dans un premier temps, elle donne par l’autotraduction une deuxième chance à ses livres et adopte, par la suite, le français et l’anglais comme langues d’écriture. En limitant notre contribution à l’analyse de trois de ses romans écrits en français (La reine et le soldat, Dina et La bigame) dont les titres renvoient explicitement à des femmes, nous nous proposons dans cette contribution de voir comment l’expérience de l’exil y est illustrée par les parcours des héroïnes qui traversent des frontières et cherchent à s’habituer aux us et coutumes de leur pays d’accueil. Des écrits de Felicia Mihali se dégage souvent l’image d’une exilée correspondant à ce que Janet Paterson appelle un “sujet transnational”, c’est-à-dire “un émigrant qui a soit choisi soit été forcé de quitter son pays d’origine. Mais […] il rejette la notion d’une identité formée à partir des critères de race ou de lieu d’origine au profit d’une identité complexe, mouvante souvent multiculturelle et hors de l’enclos des souvenirs” (15-16). Par conséquent, en calquant le titre de notre article sur le titre de son roman Une deuxième chance pour Adam, nous essayerons de montrer que dans ses livres l’exil, vécu sur le mode positif, représente “une deuxième chance” étant donné que les protagonistes se caractérisent par un désir d’ouverture et d’intégration dans un autre espace géographique, linguistique et culturel.</p>2024-12-30T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/476Las formas del exilio2024-12-29T18:30:01+00:00Silvana Serafinsilvanaserafin849@gmail.com<div><span lang="ES">El presente número de la revista <em>Oltreoceano</em>, dedicado a los exilios, analiza las causas políticas, económicas y existenciales que surgieron tras el establecimiento de regímenes autoritarios y despóticos en Europa y América, donde acudieron en masa los exiliados procedentes de una parte a otra del Atlántico o del interior del mismo continente. Esos son elementos visibles en la literatura, bien sea francesa, inglesa o española, examinadas aquí. El exilio, de hecho, es una condición esencial de la literatura y corresponde a un estado de ánimo cuyas emociones derivan de sus condiciones intrínsecas, es decir, de la separación y la ruptura. Tras un primer análisis terminológico que revela los diferentes matices de la etimología ‒según la definición de la enciclopedia Treccani se remontan a causas políticas, económicas y culturales‒, el trabajo se centra en la figura del exiliado en su relación con la literatura de los siglos XX y XXI realizada sobre todo desde lejos. Si la política del terror y la coerción fomenta el carácter testimonial estrechamente vinculado a la realidad de los hechos ‒el exilio del momento está conectado a la forma antigua del proscrito latinoamericano‒, la marginación produce también su contrario. Nace la literatura del contra-exilio –para utilizar la definición de Claudio Guillén (1995) ‒ donde exilios e insilios convergen como un tipo diferente de escritura, orientada a la exploración de la nueva geografía, que permite al artista exiliado refugiarse en un mundo de imaginación, estimulado por la búsqueda de la libertad expresiva y la posibilidad de vivir sin estar sometido a influencias extremas. Un exilio interior que no exige necesariamente un alejamiento del lugar de nacimiento: la separación y la reintegración, de hecho, son valores que deben rechazarse o adoptarse espontáneamente y no simples categorías sociales y culturales. Por lo tanto, existen analogías entre el exilio territorial y la marginalidad dentro de la propia patria.</span></div>2024-12-29T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/477Quattro chiacchere tra amici: Conversando con Siegfried Gerhardt2024-12-29T18:48:47+00:00Franca Broccaioli Masierofrancabroc@hotmail.com<p>Si può essere esuli per i più disparati motivi; fra i tanti, il bisogno di trovare lavoro o sfuggire ad un regime totalitario dove la libertà di pensiero è equiparata a reato. Dalla testimonianza di Siegfried Gerhardt, lui stesso costretto ad espatriare per quest’ultima ragione, emerge quanto profonda sia l’amarezza degli esuli nel trovare luoghi e persone a loro ostili, la cui assenza di partecipazione verso i nuovi arrivati li fa sentire – più che mai – degli intrusi, rendendo impervia la via dell’integrazione e della riappropriazione dell’identità. Sensazione ancor più dolorosa, nel caso di Siegfried Gerhardt che si considera “Esule nella propria Patria”. Ciò richiama una frase del famoso poeta e scrittore Adelbert von Chamisso, che ha trascorso tutta la vita in un sofferente peregrinare da esule: sono sempre fuori posto, non mi sento mai al posto giusto. Occorre, dunque, “esiliarsi dall’esilio”, trarre forza e consolazione nella bellezza (e nella bontà) dell’arte, eterno concetto dostoevskijano, che salva dalle ostilità della vita. Così ha fatto Siegfried Gerhardt.</p>2024-12-29T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025 https://riviste.lineaedizioni.it/index.php/oltreoceano/article/view/478Esili altri2024-12-29T18:57:45+00:00Maria Luisa Daniele Toffaninmatoffa@alice.it<p>Come gli uccelli di Boscoverde, a causa del Vaia, avvertono ancor più l’istinto a migrare, una forma d’esilio dai loro boschi nell’attesa sempre del ritorno, così gli uomini dalla violenza malvagia, dal desiderio di morte pure dei giovani, dall’orrore delle guerre globali proprie di una storia acefala si sentono costretti mentalmente all’esilio in luoghi altri del pensiero per poter sopravvivere con l’anelito di rientrare in sé stessi nel proprio <em>habitat </em>mentale, ovvero nella serenità quotidiana. Seguendo l’esempio degli uccelli che nell’attesa manifestano fede nella specie, nei nidi futuri, aspirando all’armonia dell’insieme realizzata dalla coralità del loro canto, così anche gli individui ridestati dentro risentono ardore per la vita, urgenza di libere scelte riattivando l’orizzonte dei sogni. E cercano luminosi spazi dove diffondere il senso dell’esistere con un linguaggio e gesti nutriti al buono e al bello nella comune attesa di un <em>Homo Viator, </em>interprete di un nuovo umanesimo, ritrovando l’umano sentire costruttivo in progetti globali positivi.</p>2024-12-29T00:00:00+00:00Copyright (c) 2025